J. S. Bach – Il clavicembalo ben temperato
L’autografo del Primo Libro del Clavicembalo ben temperato si apre su una pagina ingentilita dall’autore stesso. In alto il titolo e poi una serie di righe che vengono a disegnare una sorta di anfora. Un vaso che intende raccogliere tutta la conoscenza musicale oppure un’anfora dal collo stretto attraverso il quale l’intero sapere musicale ne uscirà decantato? Intestazione ricercata che sottolinea comunque l’intento pedagogico dell’opera e la vastità di conoscenza in essa elargita: Il Clavicembalo ben temperato, ossia Preludi e Fughe in tutti i toni e semitoni, tanto nella tertia major ossia Ut Re Mi quanto nella tertia minor o Re Mi Fa. Ad uso e profitto della gioventù musicale desiderosa di apprendere, e anche per diletto di coloro che sono già esperti in quest’arte. Composto e preparato da Johann Sebastian Bach attuale Kapellmeister di Sua Altezza Serenissima il Principe di Anhalt-Köthen e direttore della di lui Musica da Camera. La data è quella del 1722 e pare essere l’anno in cui l’opera venne iniziata.
Gli anni che Bach aveva trascorso come Kapellmeister del principe Leopold di Anhalt-Köten (dove sarebbe rimasto sino al 1723) erano stati anni intensi, di grandi gioie e di grandi dolori. Il principe – salito al trono giovanissimo – aveva una cappella musicale chiamata Collegium Musicum – ed aveva chiamato presso di sé molti musicisti dalla cappella di Berlino che era stata sciolta dal re Federico Guglielmo I di Prussia. Il principe stesso era un raffinato musicista che aveva completato la propria educazione musicale in Europa e soprattutto a Venezia: suonava il violino, la viola da gamba e il clavicembalo. Bach fu felice di lavorare al servizio di un principe che amava e comprendeva la musica e fu soprattutto la Cappella del principe a ingaggiare la sua fantasia. Nella calvinista Köthen la musica sacra era rara, e solo nella Agnuskirche luterana Bach potè coltivare la sua fede e suonare l’organo. La maggior parte della sua produzione fu dedicata alla musica strumentale profana. Sono questi gli anni dei Concerti Brandeburghesi, delle Suites per Orchestra, delle Sonate e Partite per violino e per violoncello, delle Suites Francesi per clavicembalo.
Nel 1720 però Bach aveva dovuto soffrire la perdita della moglie Maria Barbara, morta nel mese di luglio, mentre Johann Sebastian si trovava con il principe nella città termale di Karlsbad. Il matrimonio con Anna Magdalena, celebrato con rito luterano il 3 dicembre 1721, portò un nuovo orizzonte nella vita del Kapellmeister. Quattro figli in giovane età e una moglie più giovane di sedici anni accesero in lui il desiderio di dedicare gran parte del suo tempo all’educazione musicale della famiglia. Nel 1720 aveva regalato a Wilhelm Friedmann un quaderno sul quale padre e figlio iniziarono a scrivere dei pezzi. È qui che compaiono i primi abbozzi dei Piccoli Preludi, delle Invenzioni a due e tre voci, nonchè undici dei dodici preludi del I volume del Clavicembalo ben temperato. Un gran numero di pezzi in questo Clavier-Büchlein sono del ragazzo, il quale stava imparando a comporre.
Il castello di Köthen
Bach dunque aveva elaborato le composizioni del Clavicembalo ben temperato in tempi diversi e nella raccolta sicuramente compaiono altre composizioni che già aveva immaginato, alcune forse furono trasposte in un tonalità differente. I ventiquattro preludi e fughe esploravano dunque in maniera sistematica tutte le tonalità maggiori e minori. Una sfida che era tecnica e artistica insieme.
Il compito che Bach si prefigge ha la caratteristica tendenza all’universalità che contraddistingue il suo genio: il Clavicembalo ben temperato vuole dimostrare innanzitutto le molteplici possibilità di un buon temperamento, vuole essere opera pedagogica e soprattutto fonte inesauribile di piacere musicale. Una summa di tutta la musica esistente e allo stesso tempo la prova tangibile che il maestro conosceva la sorgente della eterna musica eternamente nuova.
Un impegno tecnico, senza dubbio, era quello che Bach esigeva. Eppure destinando la sua raccolta a musicisti desiderosi di apprendere Bach sembra parlare anche di qualcosa che somiglia ad un trattato di composizione. Un viaggio nella libera fantasia dei Preludi e nella rigorosa forma delle Fughe, ma anche il suo contrario, la rigorosa forma che governa l’immaginazione dei Preludi e la sfrenata fantasia applicata alla disciplina delle Fughe.
Austero nel suo imperturbabile proposito di incatenare insieme una dopo l’altra tutte le tonalità, semitono dopo semitono, sia maggiori sia minori, il Clavicembalo ben temperato è anche e innanzitutto – come scrisse Beethoven in una lettera nel 1801 – l’Urvater der Harmonie. All’epoca di Bach infatti il temperamento era materia scottante di polemiche e studi. L’intonazione degli strumenti a tastiera non era affatto stabile come divenne in epoca successiva, con la suddivisione dell’ottava in dodici semitoni uguali.
La geometrica successione dei tasti bianchi e neri e dei loro suoni celano una storia travagliata di questioni matematiche, filosofiche, scientifiche, religiose ed estetiche. La scoperta di Pitagora che le armonie gradevoli erano formate da proporzioni matematiche semplici, metteva in diretta relazione la nostra percezione dei suoni con grandezze misurabili (in questo caso la lunghezza della corda messa in vibrazione). La scala pitagorica presentava però l’inconveniente che gli intervalli adottati non si conciliavano con l’esigenza di dividere l’ottava in parti proporzionali; necessità primaria per evitare di dover modificare l’intonazione delle singole note al cambiare della tonalità. Le pure relazioni dell’intervallo di ottava 1:2, della quinta giusta 2:3, della quarta 3:4, della terza maggiore 4:5 e 5:6 della terza minore erano state fin dall’antichità messe in relazione con le orbite dei pianeti nella concezione geocentrica dell’universo. Da qui il suggestivo concetto di armonia delle sfere. Tramandato da una affermazione della Sapienza di Salomone: “Tu hai ordinato tutte le cose secondo misura, numero e peso”, il concetto di numero segnò profondamente l’estetica medievale. Da qui nacque l’aspirazione a rivelare nella concezione geometrica della musica l’immagine della perfezione del cielo. Questa convinzione di Dio come musicista dell’universo era destinata a rimanere profondamente radicata, anche dopo che Keplero ebbe inaugurato l’astronomia moderna con la sua teoria eliocentrica formulata nel 1609 con la Astronomia Nova.
La pratica musicale tuttavia non poteva non scontrarsi con una serie di inconvenienti che venivano a risultare dalla sovrapposizione degli intervalli perfetti, somme che venivano a creare suoni con lo stesso nome ma che in realtà erano note di altezze differenti (ad esempio l’ottava formata da tre terze maggiori do, mi, sol#, si# che è leggermente minore all’ottava perfetta do-do – 1:2). Divenne quindi necessario trovare un temperamento per ridurre queste differenze. Dal tardo Medioevo fino all’età di Bach sopravvisse un temperamento mesotonico che modificava leggermente gli intervalli di terza minore, quarta e quinta, in favore dell’ottava e della terza maggiore. Anche se le proporzioni di Pitagora governavano uno dei brani più celebri di Dufay, come il mottetto Nuper rosarum flores che egli scrisse per l’inaugurazione della nuova cupola di Brunelleschi alla cattedrale di Firenze, la pratica strumentale portò a nuove esigenze espressive. Nel 1533 Giovanni Maria Lanfranco suggerì di accordare le quinte calanti fino al limite del tollerabile e le terze crescenti anch’esse fino al limite. Il risultato era abbastanza vicino a quello che divenne il temperamento equabile: dodici intervalli uguali all’interno dell’ottava. Tutto ciò a pochissimi anni di distanza dall’anno 1514 quando l’astronomo Copernico – riprendendo una riflessione di Aristarco nel III secolo a.C. – aveva iniziato a mettere in dubbio la teoria geocentrica dell’universo.
Ma cosa significa temperare? Sostanzialmente significa regolare, se traduciamo dall’antico inglese; significa unire nelle giuste proporzioni se traduciamo dal latino, oppure mescolare ingredienti secondo una proporzione se traduciamo dal francese. Il temperamento musicale, sostanzialmente, rese possibile non solo l’espressione in ogni tonalità, ma rese possibile trascrivere un pezzo in tonalità diverse da quella originale, cosa che Bach prediligeva. Dal momento che all’epoca di Bach sopravvivevano differenti tipi di temperamento, possiamo supporre che Bach avesse un proprio sistema di accordature dello strumento a tastiera. La sola testimonianza che abbiamo è quella del figlio C. P. E. Bach e del suo allievo J. F. Agricola: “Nell’accordatura dei clavicembali si atteneva ad un temperamento tanto preciso che tutte le tonalità erano pure e gradevoli. Non esistevano tonalità che dovevano essere evitate in ragione della loro intonazione impura”?.
Se nel Clavier-Büchlein Bach aveva inteso ordinare le composizioni nelle quindici tonalità più in uso, anche le Suites per orchestra di Pachelbel esploravano diciassette tonalità. Il precedente era l’Ariadne Musica neo-organoedum per XX Praeludia totidem Fugas di Johann Caspar Fisher, una raccolta pubblicata nel 1702 e riedita nel 1715, che presentava venti piccoli preludi in tutte le tonalità – più precisamente in diciannove delle ventiquattro tonalità moderne, più una legata invece agli antichi modi ecclesiastici. Nel 1713, Matthison, nel suo Das Neu-Eröffnete Orchestre, discutendo sugli affetti delle tonalità, ne citava diciassette e non ancora ventiquattro, anche se, sei anni dopo, pubblicò esempi di basso continuo nelle ventiquattro tonalità. Il gesto enciclopedico di Bach fu quello di raccogliere la sfida in modo moderno e realista e di presentare i preludi e le fughe secondo l’ordine della loro denominazione e non secondo il circolo delle quinte. Nello stesso anno, in Francia, Rameau nel suo Traité de l’harmonie réduite à ses principes naturels forniva il terreno teorico decisivo di questa nuova epoca tonale.
Il Clavicembalo ben temperato dunque chiude definitivamente un’epoca e apre lo sguardo al futuro. In questa raccolta Bach pone a fondamento della musica il sistema delle ventiquattro tonalità, con dodici modi maggiori e dodici minori. All’epoca ancora non esisteva l’abitudine di definire il modo con i termini di maggiore e minore, Bach li chiama così in base all’intervallo di terza che è fondamentale per la precisazione della tonalità. Il tema di ciascun Preludio e Fuga è dunque, come afferma Christoph Wolf, la sua tonalità.
Anna Rastelli
Note al programma per il concerto di Angela Hewitt
31 gennaio/2 febbraio 2008
Società dei Concerti – Bolzano