A noi – giacché il fato non concesse di essere lei – non strappare il cuore in un’attimo. Amabile e terrificante, la tua presenza non negare, né l’incanto dei tuoi occhi.
Chiaro è il nostro sguardo come un cielo appena sfiorato dall’aurora e neppure il più prezioso tappeto d’oriente ne conosce i colori. E libero è il nostro sguardo, seppure abita il profondo. La nostra pelle è smagliante di luce, simile alla cresta delle onde.
Ma siamo prigioniere dell’eterno. Conduci noi nel tempo. Non lacerare con la velocità del fulmine, rivelando l’inganno.
A noi gli dei confidarono i segreti del canto che ammalia, ed egli è il solo compagno del nostro esistere. Non sappiamo di prati, di vallate, di monti, di orizzonti terrestri, né abbiamo sandali d’oro che ci portino sopra terre e mari. Sole conosciamo le parole che il mondo rendono vivo.”
Fummo leoni, pantere e poi alberi con radici profonde e alte chiome che agile rendevano alla terra sfiorare il cielo, poi fuoco e tutto ciò che sulla terra muta, ora siamo limpida acqua. La melodia cangiante del nostro canto nasce dal movimento e non v’è cosa che attraverso i suoni non rinasca a nuova vita.
Ma la tua nave è sulla via del ritorno e mentre a noi ti avvicini pensi alla vita mortale. Quale è il vento che ti accompagnerà al porto cui aneli sostare, in solitudine, quale luce e quale colore coglieranno la nuova quiete dei tuoi pensieri?
Molti sacrifici ha offerto il tuo cuore ardente che ora, spezzato, sul mare infinito non cerca più sosta. Ma non ti rapì ancora la morte e Zefiro sorride sulle bianche vele della tua nave.
Non certo i cantori furono causa delle tue sventure, ma una dea dagli occhi dorati, che per molto tempo in cattività ti volle tenere. E noi a lungo invidiammo la principessa che ti ebbe nel suo giaciglio di quiete e di slanci.
Ora, indugiando su quest’orizzonte smeraldo, ritorni nell’eterno senza tempo né spazio. Ascolta il nostro canto e il tuo essere mortale diventi anche la nostra sorte.
A noi non strappare il cuore in un attimo, ma ascoltando le invisibili forme della nostra fantasia, portalo via passo a passo, che ci sia piacere l’avertelo dato e non manchi la nostalgia.
Non anelare al silenzio dell’anima, tra tutti i pensieri vedrai nuovi spazi e lì troverai risposte a ciò che vorrai diventare.
Rimani sullo specchio dell’acqua dalle molte facce, finché vi resterai vedrai i raggi più luminosi giocare con l’azzurro, trasformarlo ed indurlo ad altri colori, moltiplicando immagini e forme. E vedrai il mondo rivestito di maestà e bellezza.
Una brace che sta per spegnersi, credi il tuo cuore, ma un vento incostante non potrebbe dargli nuovo splendore?
Hai dimenticato le gioie, ma puoi forse non avere più orecchi per il dolce suono della melanconia?
Ogni cosa svanisce e muta come l’impronta della tua barca sull’acqua e nulla siamo in grado di predire, né quando si avvicina, né quando ci abbandona.
Ma il canto non è fuggevole e fintanto che qualcuno esiste, che sa ascoltare, le parole desteranno il mondo alla vita, l’inferno salirà al paradiso e l’acqua che è nel profondo si inebrierà di luce.